Aprire la partita IVA: come funziona davvero, costi, tempi e scelte da fare

Decidere di aprire partita IVA è spesso il momento che segna il vero inizio di un’attività lavorativa indipendente: che tu sia un libero professionista, un artigiano, un commerciante o un imprenditore, questo passaggio ti permette di operare legalmente, emettere fatture e gestire entrate e uscite in maniera trasparente.
Molti però arrivano a questo punto con dubbi e paure: quanto costa? Quanto tempo ci vuole? È meglio il regime forfettario o quello ordinario? E soprattutto: quali errori devo evitare?

In questa guida cerchiamo di rispondere a queste domande con esempi pratici e spiegazioni semplici.

Cos’è la partita IVA e chi deve aprirla

La partita IVA è un codice numerico di 11 cifre che identifica chi svolge un’attività economica in modo abituale e non occasionale. In pratica, è la tua “targa fiscale” e devi aprirla se:

  • offri servizi professionali in modo continuativo (consulente, grafico, avvocato, architetto…);
  • avvii un’attività commerciale o artigianale (negozio, bar, impresa edile…);
  • costituisci una società (Snc, Srl, ecc.).

In sintesi: il libero professionista apre partita IVA a titolo individuale, l’artigiano o il commerciante può optare per la ditta individuale, mentre chi vuole crescere o proteggere il proprio patrimonio valuta una società.

Codice ATECO

Il codice ATECO è la “carta d’identità” della tua attività: una sigla numerica che descrive in modo ufficiale cosa fai. Non è una voce burocratica inutile: da quel codice dipendono effetti concreti — l’inquadramento statistico, l’eventuale iscrizione a specifiche casse previdenziali, le aliquote o coefficienti applicati in regimi semplificati, la possibilità di beneficiare di certi incentivi o obblighi INAIL. Se sbagli ATECO rischi di trovarti dopo qualche mese con adempimenti o contributi diversi da quelli che ti aspettavi. Due punti pratici da sapere subito:

  • aggiornamento 2025: la classificazione ATECO è stata rinnovata (ATECO 2025) ed è operativa da aprile 2025 — quindi ricontrolla il codice con le tabelle aggiornate;
  • incrocio con previdenza e agevolazioni: il codice guida anche l’INPS e le casse private nello stabilire a quale gestione sei tenuto a iscriverti, e influisce sul coefficiente di redditività se entri nel regime forfettario. Quindi scegliere il codice corretto alla prima evita rettifiche o contestazioni.

Eccoti una lista di passi pratici per scegliere l’ATECO:

  • parti dalla descrizione reale dell’attività: cosa fai giorno per giorno (non il nome commerciale);
  • cerca il codice che descrive esattamente la tua attività (non “vicino” o “simile”): usa il motore ATECO dell’ISTAT o le tabelle aggiornate;
  • verifica sul sito dell’INPS/Camera di Commercio le implicazioni previdenziali e di iscrizione (artigiano, commerciante, gestione separata, cassa professionale);
  • se fai più attività, valuta se è necessario inserire più ATECO: in caso di ricavi distinti, i coefficienti e le regole possono essere calcolati separatamente.

Avvertenze pratiche:

  • Non lasciare la scelta all’ultimo minuto: il codice ATECO influisce su contributi, coefficienti e benefici;
  • Se hai dubbi, chiedi prima: è preferibile impiegare 30 minuti con un commercialista ora che pagare una rettifica dopo;
  • Controlla la tabella ATECO 2025: molte risorse e tool di conversione sono già disponibili per mappare codici vecchi.

Regime fiscale

Questa è probabilmente la scelta che più ti impatta negli anni a venire. Te la spiego con chiarezza e con esempi concreti.

  • Le regole chiave del regime forfettario:
    • soglia di ricavi/compensi: 85.000 € annui (se superi il limite, esci dal regime nell’anno successivo);
    • imposta sostitutiva: 5% per i primi 5 anni se si rispettano i requisiti per start-up/nuove attività; poi di norma 15%. L’imposta sostitutiva sostituisce IRPEF, addizionali e IRAP (nei limiti del regime);
    • coefficiente di redditività: il reddito imponibile non è il fatturato netto ma il fatturato moltiplicato per un coefficiente che dipende dal codice ATECO (per molti professionisti il coefficiente è 78%, per altre attività può essere 40%, 67%, 86% ecc.). Questo significa che il regime “forfettizza” i costi con percentuali diverse a seconda dell’attività.

    In pratica, in regime forfettario non detrai le spese reali; il sistema presume una quota di costi e ti applica l’imposta sulla parte residua.

    Puoi approfondire questo argomento nel nostro articolo “Regime forfettario: guida pratica per aprire la partita IVA e risparmiare sulle tasse
  • Quando conviene il regime ordinario:
    • se prevedi spese deducibili rilevanti (affitto, ammortamenti, acquisti di beni strumentali);
    • se superi la soglia del forfettario o prevedi di farlo a breve;
    • se hai bisogno di detrarre l’IVA sugli acquisti (es.: attività che compra beni strumentali costosi).

Facciamo un esempio concreto per capire l’impatto. Prendiamo un professionista con fatturato 40.000 € e ipotizziamo che il suo ATECO abbia coefficiente di redditività 78%, tipico per molte attività professionali:
Reddito imponibile (forfettario): 40.000 × 78% = 31.200 €
Imposta sostitutiva (se 15%): 31.200 × 15% = 4.680 € (se nei primi 5 anni e sei nei requisiti, invece sarebbe 5% quindi 1.560 €).

Ora calcoliamo i contributi previdenziali. Se sei iscritto alla Gestione Separata INPS come molti freelance senza cassa, l’aliquota per il 2025 per chi non ha altra tutela è intorno al 26,07% e, applicata al reddito imponibile dà indicativamente: 31.200 × 26,07% ≈ 8.130 € di contributi.

Sotto il forfettario pagherai meno burocrazia e probabilmente meno imposte nei primi anni (se i coefficienti sono favorevoli e se hai pochi costi deducibili), ma i contributi previdenziali rimangono una voce rilevante che occorre confrontare con attenzione.

Come si apre concretamente la partita IVA

Il procedimento varia a seconda che tu sia un professionista, un’impresa individuale o una società.

  • Libero professionista: compila il modello AA9/12 e invialo all’Agenzia delle Entrate (online o in ufficio);
  • Impresa individuale: l’apertura passa dal modello “ComUnica”, che in un’unica pratica ti iscrive a Registro delle Imprese, INPS, INAIL e assegna la partita IVA;
  • Società: serve atto costitutivo dal notaio, iscrizione alla Camera di Commercio e apertura della posizione fiscale.
Un commercialista può essere una risorsa molto utile in questa fase iniziale riducendo i tempi delle pratiche.

Costi per aprire partita IVA

Spesso c’è confusione: aprire partita IVA all’Agenzia delle Entrate è gratis. I costi arrivano da:

  • iscrizione al Registro delle Imprese (obbligatoria per commercianti e artigiani, con spese di segreteria e bolli);
  • contributi previdenziali INPS (fissi per artigiani e commercianti, percentuali per i professionisti iscritti alla gestione separata o a una cassa specifica);
  • eventuali parcelle del commercialista o del consulente che ti segue.

Aprire partita IVA significa molto più che avere un codice fiscale per emettere fatture: è la scelta del regime fiscale, della forma giuridica e dell’inquadramento previdenziale che guiderà la tua attività negli anni a venire.

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